Con la bella stagione i gatti Vento e Tempesta sembrano più magri.
Abbiamo sempre pensato fossero i due chili di pelo che spalmano sul divano e nel cesto della biancheria pulita.
E i mille balzi assassini che fanno a caccia di innocenti creature come topini e uccellini.
Con la bella stagione diamo loro da mangiare fuori, ché il pavimento della cucina ci guadagna in pulizia.
Di solito riempiamo la scodella la sera e se il mattino la troviamo vuota diamo loro un’aggiuntina di crocchini.
Quest’anno ci sembravano particolarmente magri e affamanti, ho persino considerato l’ipotesi che non stessero bene. La scodella era sempre vuota e loro sempre magri.
Poi il mio bambino si è fatto male ed è rimasto a casa da scuola.
Abbiamo passato le prime mattine abbracciati sul divano a guardare i draghi e a leccarci le ferite.
Noi fermi fermi sotto una copertina, loro fuori a far banchetto. Ma non Vento e Tempesta.
Grazie a questo brutto cambiamento di programma, abbiamo scoperto che tutti gli uccellini dei dintorni vengono a banchettare nella scodella dei nostri gatti.
Ci è sembrata una cosa bellissima, un tassello di giustizia universale, che ci lavava i sensi di colpa per aver importato due killer nell’ecosistema locale. Una semplice scodella di croccantini poteva riequilibrare la catena alimentare. E quella mattina noi abbiamo iniziato a consolarci.
Abbiamo aumentato le dosi nella scodella, pensando così di sfamare gatti e uccellini.
Poi una sera il gatto Tempesta è venuto a chiamare, e quando lui chiama è peggio delle oche del Campidoglio, si mette a berciare allarmato e si struscia intorno alle gambe finché non lo seguiamo.
Pensavo avesse bisogno di uscire, gli ho aperto la finestra, ma no, lui voleva proprio che lo seguissi nel buio del giardino.
Mi ha guidata alle scodelle, e mi ha mostrato l’oggetto delle sue rimostranze: con la bella stagione il riccio Lino si è svegliato dal letargo, e stava rifocillandosi di croccantini.
Guardando meglio mi accorgo che forse il riccio Lino, si chiama Lina, perché poco più in là c’è un piccolino che mangia anche lui a nostre spese.
I ricci fanno i ricci, cioè si spaventano nel vedermi, si appallottolano e stanno immobili.
Così io posso approfittarne per fare loro una carezza spinosa e dichiarare la mia amicizia, mentre Tempesta si agita e bercia con l’aria di uno che dice: “Te l’avevo detto che ce lo dicevo se non mi lasciavi la scodella”
Morale aumentiamo ancora le dosi di croccantini che qui abbiamo da sfamare anche una famiglia di ricci.
Poi settimana scorsa abbiamo avuto ospiti e abbiamo fatto un bel pollo arrosto. Dopo cena abbiamo raccolto gli avanzi e li abbiamo messi in giardino e vedessero un po’ loro a chi potevano interessare. La mattina restavano le ossa più grandi e un po’ di pelle.
A pranzo abbiamo aggiunto ancora qualcosa, e poco dopo sono scese due gazze, hanno piluccato qualche pezzetto e se lo sono portato via. Vento e Tempesta hanno tentato una manovra a tenaglia, più per l’onore felino che con reali intenzioni bellicose, le gazze hanno mostrato un minimo di rispetto andandosene.
Ma neanche dieci minuti dopo il cielo si è oscurato e i gatti si sono appiattiti al suolo con le code gonfie e il pelo irto che neanche i ricci. Dall’alto è piombato un rapace non meglio identificato ma con un apertura alare di almeno un metro e mezzo. Ha afferrato la carcassa del pollo e se n’è volato via.
Quella sera Vento e Tempesta hanno mangiato in cucina e ci hanno ringraziati con un sacco di fusa.